La felicità dell’essere umano è una diretta conseguenza della soddisfazione dei propri bisogni, quando si riesce a soddisfare un bisogno/desiderio si ha la sensazione di essere appagati e quindi felici, contrariamente no.
Nel 1954 con la “piramide dei bisogni”, Abraham Maslow sviluppò la teoria secondo la quale l’essere umano per essere felice, deve soddisfare vari tipi di bisogni.
Alla base della piramide ci sono i bisogni essenziali alla sopravvivenza, mentre salendo verso il vertice si incontrano i bisogni più immateriali.
Partendo dalla base della Piramide dei bisogni di Maslow troviamo:
- i bisogni fisiologici: fame, sete, sonno, termoregolazione, ecc. Sono i bisogni connessi alla sopravvivenza fisica dell’individuo. Sono i primi a dover essere soddisfatti a causa dell’istinto di autoconservazione;
- i bisogni di sicurezza: protezione, tranquillità, prevedibilità, soppressione delle preoccupazioni e ansie, ecc. Devono garantire all’individuo protezione e tranquillità;
- i bisogni di appartenenza: essere amato e amare, far parte di un gruppo, cooperare, partecipare, ecc.; Questa categoria rappresenta l’aspirazione di ognuno di noi a essere un elemento della comunità;
- i bisogni di stima: essere rispettato, approvato, riconosciuto, ecc. L’individuo vuole sentirsi competente e produttivo;
- i bisogni di autorealizzazione: realizzare la propria identità in base ad aspettative e potenzialità, occupare un ruolo sociale, ecc. Si tratta dell’aspirazione individuale a essere ciò che si vuole essere sfruttando le nostre facoltà mentali e fisiche.
La differenza tra i bisogni fondamentali e le altre categorie è che mentre i primi, una volta soddisfatti tendono a non ripresentarsi, i bisogni sociali e relazionali tendono a rinascere con nuovi e più ambiziosi obiettivi da raggiungere. Ne consegue che l’insoddisfazione, sul lavoro e nella vita pubblica e privata, è un fenomeno molto diffuso che può trovare una sua causa nella mancata realizzazione delle proprie potenzialità. Secondo Maslow, infatti, l’autorealizzazione richiede una serie di caratteristiche:
- personalità;
- competenze sociali;
- capacità tecniche.
Gli esseri umani tendono a essere felici della loro esistenza quando tutti i loro bisogni sono quindi soddisfatti.
Il desiderio di essere compresi, accettati, di far parte di uno status sociale ed essere stimati sono gli impulsi alla base della propria realizzazione.
Molte volte ci identifichiamo con un’altra persona, la prendiamo come riferimento e se riusciamo ad essere come lei siamo felici, se appartengo allo stesso gruppo di questa persona sono felice, se posseggo il suo stesso oggetto sono felice.
I social media molte volte ci portano ad intensificare questi bisogni, talvolta ad estremizzarli, sino a spingere l’essere umano ad avere attacchi di panico, disturbi dell’ansia e depressione.
Specchi audio-visivi di una realtà idilliaca che trasfigura e immortala modelli di vita utopici. Selfie, stories, like, commenti e condivisioni sono le nostre nuove dipendenze, molte volte più letali delle droghe comuni. Più vediamo quei numeri aumentare più il nostro bisogno di esseri apprezzati viene soddisfatto. Ma se quei numeri diminuiscono ci sentiamo profondamente negati a quel modello di realtà alla quale aspiriamo di appartenere.
Nel 2017 la Royal Society For Public Healthy, in Gran Bretagna, effettuò uno studio scientifico che evidenziò la correlazione tra l’utilizzo dei social network e la salute mentale degli adolescenti. I dati rivelarono un aumento di addirittura il 70% di episodi di ansia e depressione negli adolescenti negli ultimi 25 anni.
Secondariamente, lo studio ha evidenziato come col passare degli anni sia aumentata notevolmente la richiesta da parte di giovani donne e uomini di sottoporsi a interventi chirurgici per assomigliare al proprio influencer preferito. Ciò evidenzia che i Social Network generano anche una forte propensione al fenomeno dell’emulazione, sia fisica che psicologica. Ma il lato ancor più allarmante è l’esponenziale crescita di fenomeni di autolesionismo, depressione e disturbi alimentari dovuti al cyberbullismo.
È ora di agire, non possiamo più girarci dall’altra parte, la salute mentale dei nostri figli, ma non solo, secondo il mio parere ci ricade dentro anche la parte più giovane della generazione Y, è in pericolo. L’Associazione britannica dà l'esempio, facendosi promotrice di un movimento in favore di un giusto uso dei Social Network, spingendo così esperti ed educatori all’insegnamento di un corretto utilizzo di questi potenti nuovi mezzi di comunicazione.